La galleria Vistamare inaugura venerdì 8 luglio 2016 una doppia personale di Mimmo Rotella e Anna Franceschini. La volontà di affiancare un grande nome del panorama internazionale, consacrato  nei decenni da critica e pubblico, a un’artista più giovane e proveniente da esperienze diverse, si riflette anche in questa mostra attraverso la giustapposizione di opere nelle diverse sale della galleria. L’omaggio a Rotella si delinea in oltre trenta tele raffiguranti il percorso intero del grande maestro calabrese, dai primi décollage degli anni ‘50 e ’60 fino alle opere più recenti dei primissimi duemila, rivelando a tratti un cambio di umore nella tecnica e nei linguaggi utilizzati, ma mai nell’intenzione e nella ricerca stilistica. Anna Franceschini, nome ricorrente e tra i più noti nel panorama della video-arte, espone cinque opere filmiche, nella quali indaga una volta ancora il senso delle cose attraverso il mezzo cinematografico.
Per entrambi, pur così diversi e distanti, il mondo cinematografico rappresenta un trait d’union pregno di sapori e mistero, costante riferimento artistico; entrambi tesi nel coglierne le molteplici suggestioni, riversando su tela o pellicola immagini alternativamente astratte e figurative.

Mimmo Rotella (Catanzaro 1918 – Milano 2006)
È agli inizi degli anni ‘50 che Rotella, in piena crisi con la pittura tradizionale, deluso dalle esperienze pregresse, riceve quella da lui stesso definita “illuminazione Zen” e inventa il décollage. Folgorato dai manifesti affissi sui muri di Piazza del Popolo a Roma, decide di appropriarsene. Di notte strappa la carta dal suo sopporto e la rielabora in studio, incollandola sulla tela, sovrapponendone i diversi strati, in una opera di voluta contaminazione tra sacro e profano, in un coacervo di stili e riferimenti avanguardistici e non solo. Nel suo gesto avvisiamo gli echi del dadaismo, l’idea del ready-made duchampiano, e ancora la vicinanza alla pop-art e all’action painting americane così come alla ricerca sull’informale condotta in quegli stessi anni da Burri e Fontana in Italia. Una molteplice diversità di esperienze concorre a illuminare il maestro calabrese in una ricerca che da gestuale si fa presto concettuale. Le sovrapposizioni di carte lacerate, nell’utilizzo indifferente del verso o retro del manifesto, non sono mai casuali ma vengono realizzate allo scopo di ottenere un equilibrio compositivo, fatto di precisi rapporti materici e cromatici. Le opere in mostra ripercorrono, secondo una sorta di iter cronologico, i diversi momenti di una carriera lunghissima e multiforme. Dalle prime composizioni astratte e quasi monocrome degli anni ‘50, spesso su tele di piccole dimensioni, alle opere della serie Cinecittà, in cui Rotella si riappropria di immagini chiaramente leggibili, popolarmente note, contribuendo al mito di alcune di esse. Le sue Marilyn, puntellanti l’intero viaggio artistico, diventano iconiche quasi quanto l’immagine stessa della Monroe. Negli anni ‘70 accentua la sperimentazione con gli Artypo, prove di stampa tipografiche scelte e incollate liberamente su tela, in una concezione pop assai vicina a quella di Warhol, come nei Frutti siciliani, 1966 e The brandy of Napoleon del ‘72, per approdare negli anni ‘80 alle sovrapitture su tela o lamiera tra i quali spiccano alcuni Autoritratto, in cui si ispira al graffitismo: interviene pittoricamente su manifesti lacerati e incollati su tela. Vi traccia scritte anonime, come quelle che si possono leggere sui muri cittadini: messaggi d’amore, scritte politiche. Torna negli stessi anni alla serie sul mondo del cinema a cui continuerà a lavorare fino alla fine, trasformando soggetti commerciali in opere d’arte contemporanea. Come lui stesso dichiarò “strappare manifesti dai muri è la sola compensazione, l’unico modo di protestare contro una società che ha perduto il gusto del cambiamento e delle trasformazioni favolose.” Queste opere sono lacerati prelievi dalla realtà urbana,  attraverso esse Rotella compie uno strappo della pittura tradizionale, inventando un modo di distruggere e ferire l’immagine, ma in realtà la esalta e rende unica, sottratta come è alla ripetizione mediale che le ruba l’anima.
Le opere di Mimmo Rotella sono presenti nelle maggiori collezioni pubbliche e musei internazionali: Chelsea Art Museum e Miotte Foundation, New York; Les Abattoirs, Toulouse; Civico Museo d’Arte Contemporanea, Milano; GNAM – Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma; Peggy Guggenheim Collection, Venezia; The Solomon R. Guggenheim Museum, New York; MACI — Museo Arte Contemporanea, Isernia; MACRO — Museo d´Arte Contemporanea Roma; MART — Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Trento; The Menil Collection, Houston; MUMOK — Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig, Wien; Museum Ludwig, Köln; Musée National d’Art Moderne – Centre Pompidou, Paris; MUSEION – Museum for Modern and Contemporary Art, Bolzano; Museo d´Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova; National Gallery of Art, Washington; Sintra Museu de Arte Moderna – Collecçao Berardo, Sintra; Sprengel Museum, Hannover; Staatsgalerie Stuttgart, Stuttgart; The Tate, London; Tel Aviv Museum, Tel Aviv.

Anna Franceschini è un’artista italiana nota per l’uso assai personale e privilegiato del mezzo filmico e del video. Uso che le deriva dagli studi fatti in ambito cinematografico e che non appena terminati la portano a sfruttare quel mezzo non a scopo strettamente narrativo ma suggestivo, consentendole un immediato accostamento all’arte contemporanea piuttosto che al mondo del cinema. Nei suoi video la Franceschini osserva la realtà e gli oggetti che la costituiscono con evidente distacco, con la volontà di non cedere al compiacimento di alcuna interpretazione soggettiva, dando così vita a una sorta di sentimento straniante che si presta bene al gioco condotto dall’artista, quello di farci guardare il mondo come a un “grande magazzino abbandonato che nasconde dei tesori”. La sua ricerca tende a un cinema puro, all’utilizzo di un linguaggio che richiama il cinema sperimentale e quello delle origini; libera da vincoli narrativi la sua arte è oggetto simbolico ed evocativo, i cui protagonisti sono soggetti inanimati. I suoi film, in costante oscillazione tra figurazione e astrazione, si muovono orizzontalmente e in verticale, espressione di un cinema concentrato sulla poesia delle immagini in movimento e la creazione di un’illusione ottica di profondità. Tra le opere in mostra il video The Diva who became an alphabet, 2014 svela appieno, nella coreografia data dal seducente movimento di una tela, il principio di oggettivazione utilizzato dall’artista, grazie al quale la storia di una donna divenuta carattere tipografico genera l’idea di una presenza umana in virtù della sua stessa assenza. L’idea di una dimensione privata in cui gli oggetti ripresi, sempre su pellicola 16mm e solo dopo trasferiti su DVD, riflettono la vita intima delle cose e degli ambienti che le ospitano, riflesso condizionato della condizione umana, emerge nel video del 2010 Nothing is more mysterious. A fact that is well explained. Così come la palma, silhouette emblematica di luoghi caraibici e protagonista dell’ultimo video, mossa in un imprevedibile carillion sembra trasformarsi in qualcosa d’altro, un soggetto misterioso e a tratti inquietante.
Anna Franceschini nel 2011 ha ottenuto la menzione speciale del premio Ariane de Rothschild – Milano, e nel 2012 è la vincitrice del Premio Fondazione Casoli – Fabriano (IT), del MacroAmici Prize, Roma Contemporary 5, Premio Terna e Premio New York, Ministero degli Affari Esteri. Residenze a cui ha preso parte includono la Rijksakademie van beeldende kunsten – Amsterdam (NL), VIR/ViafariniInResidence – Milano (IT) e la ISCP a New York, MACRO Museum, Roma, Instituto Inclusartiz, Rio De Janeiro, e PIVÔ Research Program, São Paulo, Brasile.
Il suo lavoro fa parte di importanti collezioni museali e private come la collezione del Museé National d’art Moderne/Centre Georges Pompidou, Paris, FR, Museo MACRO – Roma, IT, Dommering Collection, Amsterdam – NL e Nicoletta Fiorucci Collection – Londra, FRAC MIDI-PYRÉNÉES | Les Abbatoirs, Toulouse, Francia.

Si ringraziano la Fondazione Marconi e l’Archivio Mimmo Rotella, Milano