La Galleria Vistamare inaugura sabato 2 aprile 2016 una mostra personale di Mimmo Jodice, uno dei grandi maestri della fotografia italiana. L’esposizione si articola lungo le stanze della galleria attraverso alcune delle serie fotografiche, circa venticinque scatti, che maggiormente hanno caratterizzato il percorso artistico del maestro campano.
Rispetto alla precedente mostra del 2011, la scelta è caduta sui temi della Natura e dell’Attesa, assieme a una selezione circoscritta dei lavori sulle Archeologie.

Mimmo Jodice (Napoli, 1934) dopo le iniziali sperimentazioni pittoriche si accosta alla fotografia già a partire dai primi anni ‘60. Agli anni della ricerca e della denuncia sociale seguono quelli in cui lo sguardo di Jodice si volge a Napoli, luogo natale, ritratta, nella nota serie Vedute di Napoli, con sommo distacco critico. Il volto della città irreale e desolato, privato come è della presenza umana, testimonia la delusione e lo sconforto dell’artista per quanto era stato promesso e non mantenuto, per il bruto accanimento cementizio dei palazzinari, per quelle “mani sulla città” che ne hanno stravolto l’immagine, svilendone la porosa bellezza. Lo sguardo si allarga poi a tutto il Mediterraneo, terra natia e culla dei popoli. Jodice sceglie sempre il bianco e nero, il cui apparente contrasto cela in realtà una illimitata gamma di grigi che arricchiscono la bicromia di inusitate sfumature. Tutto il lavoro si svolge in camera oscura, qui l’artista stampa personalmente le foto realizzate e ridipinge le immagini, in una sorta di danza gestuale, utilizzando la luce come elemento fondante della sua creatività. La macchina fotografica, ancora adesso e sempre analogica, resta strumento creativo e mai descrittivo della realtà esterna.

La mostra ospitata da Vistamare accoglie il visitatore con una serie di immagini raffiguranti le vestali del mondo antico. Si tratta di figure ieratiche, affascinanti nella loro fissità e testimoni di quella sensibilità speciale per l’archeologia e i popoli che tanto hanno contribuito al mito del mondo Mediterraneo, che da sempre accompagna Jodice. Il percorso procede lungo le sale con l’altra nota serie del maestro, l’Attesa, tema a lui caro sin dalla metà degli anni ‘80, ripreso e approfondito in anni recenti attraverso immagini inedite per la prima volta qui in mostra. In queste foto, paesaggi urbani e naturali privi della presenza umana, come già avvenuto nelle Vedute napoletane, e di qualsiasi idea di movimento, ricercano l’assenza concretizzando l’idea di vuoto. Le immagini si stagliano misteriose nella loro immutabilità inducendo l’osservatore a chiedersi cosa quei paesaggi interiorizzati stiano aspettando. Sono visioni in cui il tempo sembra come cristallizzarsi e smettere il proprio naturale fluire. Queste opere rimandano a una memoria metafisica, a una realtà lontana, immersa in una visionaria dimensione silenziosa. Gli unici elementi presenti, spesso oggetti di uso comune, una sedia, un palo, la sdraio da spiaggia, non fanno altro che accentuare il sentimento di una mancanza. Nelle sale restanti della galleria si diffondono, come immagini sonore di una unica sinfonia, le opere sulla Natura, sezione in cui è la vegetazione a essere protagonista indiscussa, sia essa coltivata o selvaggia, sempre colta nella sua dimensione straniante, alberi e fronde acquisiscono una dimensione umana, subendo una sorta di personificazione incantata; e la serie delle Città Visibili, in cui lo sguardo lento del fotografo svela la bellezza surreale dei luoghi urbani, alcuni celebri come le piramidi del Louvre o le vedute veneziane, altri anonimi, ma tutti rivelatori dell’interesse di Jodice per l’architettura, strumento di indagine inedita delle città, testimone rivelatore “dell’incapacità di accettare caos e silenzio”. Anche queste datano anni lontani e recenti a rivelare una costante ricerca nel corso degli anni. Tutto è visto e interiorizzato attraverso l’occhio di chi è abituato a indagare storia e bellezza con uno sguardo ricco di curiosità unito a uno stile rigoroso e determinato. L’occhio di Jodice si sofferma sul senso di inquietudine e smarrimento, su quel senso di sospensione che questi spazi senza tempo, così distanti dall’idea comune che tutti noi abbiamo, riescono a darci. L’uso costante del bianco e nero enfatizza la voluta distanza da una realtà empirica a favore di una visione percettile ed intimista. Le foto di Mimmo Jodice sono fuori da qualsiasi confine temporale.

Mostre personali di Mimmo Jodice sono state presentate nei seguenti Musei: New York, Memorial Federal Hall,1985; Pechino, Archivi Imperiali, 1994; Philadelphia Museum of Art, 1995; Kunstmuseum Dusseldorf, 1996; Maison Européenne de la Photographie, 1998, Paris; Palazzo Ducale di Mantova, 1998; Museo di Capodimonte, Napoli 1998; The Cleveland Museum of Art, Cleveland 1999; Galleria Nazionale di Arte Moderna, Roma 2000; Castello di Rivoli, Torino 2000; Galleria d’Arte Moderna, Torino 2000; MassArt, Boston 2001; Wakayama, Museum of Modern Art, Japan 2004, The Museum of Photography, Moscow 2004; MASP – Museu de Arte de Sao Paulo 2004; MART – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto 2004; Istituto Italiano di Cultura, Tokyo 2006, Galleria d’Arte Moderna, Bologna 2006; Galleria d’Arte Moderna, Bologna 2006; Spazio Forma, Milano 2007, Museo di Capodimonte, Napoli 2008, Palazzo delle Esposizioni, Roma 2010, M E P Maison Européenne de la Photographie, Parigi 2010, Musée du Louvre, Parigi 2011, Musée McCord, Montreal 2012, State Museum of Contemporary Art, Thessaloniky 2012, Accademia di Architettura, Mendrisio 2013, Kunstsammlung, Jena 2013, Hotel des Arts, Toulon 2014, Foro Boario, Modena 2014, PhotoMed, Beirut 2015.
Nel 2003 l’Accademia dei Lincei gli ha conferito il prestigioso premio ‘Antonio Feltrinelli’ per la prima volta dato alla Fotografia. Sempre nel 2003 il suo nome è stato inserito nell’Enciclopedia Treccani. Nel 2006 l’Università degli Studi Federico II di Napoli gli conferisce la Laurea Honoris Causa in Architettura e nel 2011 il Ministro della Cultura Francese lo nomina Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres.